jeudi 4 juin 2009

Rodolfo Valentino l’emigrante leggendario

8 novembre 2008
Palais des Beaux-Arts de Charleroi"

Spettacolo teatrale dal titolo "RODOLFO VALENTINO, L’Emigrante Leggendario"











Rodolfo Valentino/emigrazione.

“Si dice ‘classi ponte’, ma si legge ‘classi ghetto’.

Questa é l’asserzione dell’editoriale della rivista Famiglia Cristiana contro la proposta leghista d’istituire classi d’attesa per i figli degli immigrati.
Ancor oggi in Italia esiste dunque una problematica dell’emigrazione anche se diversa da quella di qualche decennio fa o del secolo scorso.
Chi é l’emigrato? Perché si emigra? Dove si emigra?
Il soggetto, la causa e l’aspirazione, il luogo di partenza e d’arrivo, in genere, hanno conservato accezioni simili nel tempo.
Formulando una semplice frase si ottiene: un individuo che é nel bisogno per migliorare la propria situazione lascia il luogo dell’indigenza alla ricerca di un altro che gli assicuri un avvenire migliore.
Ogni individuo reagisce in maniera del tutto personale ad ogni sollecitazione o avvenimento. Anche quando deve ripiantare la propria esistenza in un contesto diverso da quello d’origine.
Anche se gli elementi sono comuni, non sempre hanno la stessa valenza. La reazione individuale può essere molto diversa. Se ciascun individuo ha una storia, anche ogni singolo emigrante ha la propria; non esiste, dunque una storia dell’emigrazione ma tante.
Chi fugge dalla miseria, dalla schiavitù o dalla guerra va all’avventura con la convinzione di trovare un mondo migliore di quello lasciato. Nel luogo d’approdo, la sofferenza é giustificata dalla speranza. Talvolta il bisogno più elementare, che é quello della sopravvivenza, fa soprassedere su altri altrettanto fondamentali, purtroppo, talora, anche su quello della dignità. Avvoltoi approfittano del bisogno della gente schiavizzandola.
La recessione economica mondiale che imperversa in questo momento colpirà tutte le classi sociali; sicuramente inciderà moltissimo su quelle più deboli e potrebbe risultare drammatica per gli immigrati. Per quest’ultimi non inciderà soltanto sulla loro qualità di vita ma potrebbe determinare l’espulsione se non rientra nei parametri per il mantenimento del permesso di soggiorno. Inoltre se ad ogni evento poco favorevole si deve ricercare la causa e dare la colpa a qualcuno, l’emigrante diviene il parafulmine d’ogni intemperie, il capro espiatorio, l’agnello sacrificale.

Si parte con lo scopo di diventare qualcuno ma spesso non si é nessuno né nel paese d’origine né in quello d’accoglienza. Questo é dovuto al fatto di “Tenere il piede in due scarpe (il piede in due staffe) Être assi entre deux chaises”; comportarsi in modo dubbioso, cercando di mantenere aperte due strade, non scegliere in modo deciso. Il desiderio che spinge a vivere contemporaneamente in due mondi spesso non consente di vivere in alcuno dei due.

Potrebbe accadere che si diventa qualcuno nel paese d’accoglienza ed essere nessuno nel paese d’origine (essere talvolta un estraneo, un indesiderato).
In questo caso calza bene l’espressione latina: “Nemo propheta in patria (sua)”; usata ancor oggi per definire la sorte di coloro che vedono il proprio operato non apprezzato da chi sta più vicino: familiari, colleghi, amici.

Per l’emigrato, comune, é più attinente l’analogia con una moneta.
Riflessione da me fatta a p.134 di «Sbirciarsi Dentro » che cercherò di riassumere brevemente.
Un individuo lasciando la propria terra é un emigrato. Diventa un immigrato non appena mette i piedi nel Paese d’accoglienza. La stessa persona assume due aspetti diversi e, a secondo da quale lato viene guardato, può essere un emigrato o un immigrato.
Quest’individuo, nella sua duplicità, potrebbe essere comparato ad una moneta.
Questa presenta due facce diverse pur avendo un unico valore anche quando viene rivalutata o svalutata.
Anche il soggetto immigrato/emigrato ha un unico valore intrinseco.
Tra moneta ed individuo c’é un’evidente differenza: alla prima viene riconosciuto lo stesso valore, indipendentemente dalla faccia (testa o croce) presentata; il secondo esprime un valore diverso a secondo se viene considerato l'aspetto di emigrato o d’immigrato.
L'emigrato/immigrato ha un’evoluzione opposta ossia i due aspetti sono inversamente proporzionali: quando uno si rivaluta l'altro tende a svalutarsi.
L'immigrato inizialmente é una sagoma sprovvista di particolari connotati; potremmo immaginarlo come una persona vista di spalle. L'emigrato ha copiosi tratti somatici.
Col trascorrere del tempo i due aspetti vengono a modificarsi. Con la sua presenza, marca sempre più il piccolo mondo in cui vive ma pian piano la sua figura sbiadisce nel mondo in cui viveva.
L’emigrato é il passato mentre l’immigrato é il presente.


Ritornando all’asserzione di Famiglia Cristiana
“Si dice ‘classi ponte’, ma si legge ‘classi ghetto’,
si entra nella problematica delle Seconde generazioni d’emigrazione.
Anche su questo argomento ho fatto alcune riflessioni in «Sbirciarsi Dentro». Riassumerò quella relativa all’acculturazione subito dopo aver riportato alcune testimonianze dell’attualità.


Classi separate per alunni stranieri.
La proposta delle Lega Nord votata a maggioranza dalla Camera impegna il governo, fra l’altro, «a rivedere il sistema d’accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione. Gli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati saranno obbligati a frequentare “classi-ponte” , dove vengono impartiti corsi di lingua italiana, propedeutiche all’ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti; a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale e agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole».
Per il capogruppo della Lega alla Camera, Roberto Cota la sua proposta va incontro ai bisogni dei bambini stranieri appena arrivati in Italia. Essa deve essere interpretata come “discriminazione transitoria positiva” che ha come obiettivo dichiarato la “riduzione dei rischi di esclusione”. Questo perché, ha spiegato Cota, se i ragazzi stranieri vengono inseriti in classe “per mere ragioni di età e non sulla base della preparazione”, c’è la possibilità “di rallentamenti e difficoltà per gli altri alunni”. Per questo, il Carroccio propone di far iscrivere ai vari livelli della scuola dell’obbligo solo chi supera una prova d’ammissione. Altrimenti, c’è una classe “ponte” in cui seguire, oltre ai corsi di lingua, lezioni mirate “all’educazione alla legalità e alla cittadinanza; al sostegno alla vita democratica; al rispetto delle tradizioni territoriali e regionali e della diversità morale e la cultura religiosa del paese accogliente”.

Per Famiglia Cristiana la discriminazione di cui faceva cenno l’autore dell’emendamento é semplicemente una discriminazione anzi “il primo provvedimento razziale del Parlamento”. Ovvero: l’istituzione di “classi-ghetto” che fanno scivolare “pericolosamente la scuola verso la segregazione e la discriminazione (...) Il problema dell’inserimento degli stranieri a scuola è reale, ma le risposte sono ‘criptorazziste’, non d’integrazione”. Si danno “risposte sbagliate a problemi reali d’inserimento”, dichiara famiglia cristiana e “la questione dell’italiano è solo una scusa: tutti sanno”, si legge nell’editoriale, “che le cosiddette ‘classi d’inserimento’ non sono efficaci. I risultati migliori si ottengono con classi ordinarie e con ore settimanali di insegnamento della lingua”.

La mia riflessione in materia d’acculturazione fatta a pag.197 di «Sbirciarsi Dentro» si é soffermata sul significato dato ai termini: Inculturazione e acculturazione da parte di alcuni antropologi, soprattutto, statunitensi.

Il primo termine viene utilizzato per indicare il processo d’acquisizione della cultura che vige nella propria etnia mentre l'acculturazione é un processo d'interscambio tra due culture diverse.

In emigrazione, trovandoci in presenza di culture diverse, esistono tutte le prerogative di un interscambio.
La posizione di privilegio di una componente sull'altra, di solito non può, metaforicamente, farci pensare alle tradizionali leggi fisiche dei vasi comunicanti.

A tale scopo, lo studio citato sopra, rileva che i modelli d’acculturazione dipendono tra l'altro dalla politica sull'emigrazione adottata dagli Stati, dal modo di percepire l'emigrazione da parte della comunità ospitante e dall'orientamento d'acculturazione alla quale gli immigrati si sentono più predisposti in quel determinato contesto.
Di solito, in questi casi c'è sempre una cultura dominante su un'altra subalterna.

« La concordanza o meno di profili d’acculturazione tra società ospitante e immigrati determina relazioni intercomunitarie più o meno armoniose, problematiche o conflittuali ».

Nel modello d'acculturazione di Berry sono espressi quattro orientamenti: l'integrazione, l'assimilazione, la separazione e la marginalità »
a) integrazione = mantenimento della cultura d'origine con possibilità d'interscambio culturale;
b) assimilazione = abbandono della propria cultura d'origine in favore di quella della comunità ospitante ;
c) separazione = mantenimento della cultura d'origine, disinteressandosi a quella del luogo e tanto meno influenzarla ;
d) marginalità = l'emigrato non ha spazio nella società ospitante ed oltre a non aver accesso alla cultura del luogo deve spogliarsi anche della
propria.
Lo studio fatto in Svizzera sul modello d'acculturazione interattiva (MAI), al suddetto modello aggiunge un quinto orientamento che viene definito « l'individualismo ».
Gli individualisti non si sentono legati né al gruppo di origine e nemmeno a quello di accoglienza.
Essi rigettano una percezione di categoria, valutano l'individuo come persona unica, per quella che è la loro personalità e per i loro meriti.
Rivedendo questi orientamenti, ci si potrà rendere conto che talvolta, se non spesso, gli interessi delle comunità non coincidono rendendo le loro relazioni problematiche o conflittuali.
Gli antropologi hanno tentato di tradurre l'opposizione suscitata presso coloro che subiscono « Nessuna acculturazione è senza costrizione...Nell'incontro e nel confronto tra gruppi sociali e culturali differenti non c'è solo da tenere in conto l'alterità, la differenza ma anche la disuguaglianza o l'uguaglianza dei rapporti tra i gruppi che s’incontrano….»


“Si dice ‘classi ponte’, ma si legge ‘classi ghetto’?

La risposta é sospesa nel vento.

Io concludo sperando che iniziative come quella odierna, portino, soprattutto in Italia, ad una maggiore riflessione sulla problematica dell’emigrazione affinché, il nostro Paese, curato dalla “grande amnesia”, riacquisti la memoria storica.
Non potrà far a meno di confrontarsi con la realtà quotidiana: quella della coabitazione, più o meno forzata, con gli ospiti, figli di terre povere; ma, forse, data la lontananza spaziale o temporale, non ricorda che molti dei suoi figli, per sfuggire alla povertà, sono andati altrove.
Antonino Carmelo Scifo

«Siamo qui a ricordare »























« Siamo qui a ricordare - ma questi ricordi non valgono per il passato - ... sono gli unici ricordi che possono salvare il futuro »








Con queste parole, sabato 18 aprile 2009, il Presidente della Regione Puglia, On. Nichi Vendola, ha concluso il suo discorso, pronunciato in una sala del sito minerario del “ Bois du Cazier, di Marcinelle (Charleroi – Belgio) in presenza di una folta delegazione di pugliesi residenti in Belgio e di una nutrita rappresentanza di Associazioni locali.
Erano presenti, inoltre: ex-minatori, componenti del COMITES di Charleroi e del C.G.I.E. del Belgio, Autorità comunali locali e della Provincia, rappresentanti del Consolato Generale di Charleroi, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio ed il Direttore “du Bois du Cazier”.
Alle dieci e trenta, all’interno del sito minerario, una nutrita folla, in gran parte originaria delle Puglie, era in attesa del Presidente Vendola che, insieme all’Assessore Regionale ai Flussi Migratori Elena Gentile doveva presiedere alla scopertura di una targa, realizzata in Puglia, in onore delle ventidue vittime pugliesi della tragedia dell’8 agosto 1956 dove persero la vita 262 minatori, tra cui 136 italiani.
Il cerimoniale é stato preceduto da una breve visita al sito della Delegazione giunta dall’Italia.
La Signora Rosa RUSSO, membro del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, ha coordinato gli interventi delle Autorità presenti: dell’assessore Antoine TANZILLI, in rappresentanza del Sindaco di Charleroi, del Presidente del COMITES di Charleroi, Cav. Salvatore CACCIATORE, del Segretario Generale del C.G.I.E., signor Elio CAROZZA e del Vicepresidente del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, dott. Domenico RODOLFO.
Infine l’intervento del Presidente Nichi VENDOLA che, nel suo discorso, ricorda le ragioni per le quali tanti figli della Puglia e di altre regioni italiane hanno dovuto lasciare la loro terra: “Nella mia regione, negli anni cinquanta, la prima causa di morte era la pellagra ( ... ). Le campagne erano ancora medioevali, c’era ancora il latifondo e c’erano i servi della gleba. Molti di questi servi della gleba nelle valigie di cartone mettevano le loro poche cose e raggiungevano il treno.”
L’onorevole Vendola per sottolineare lo spirito e lo stato d’animo con i quali quei braccianti affrontavano quell’avventura dice: “Forse i più anziani ricordano che cos’era l’assalto al treno, che cos’era salire sul treno e (...) sequenza di paesaggi strani (...) C’erano braccianti che partivano dalla provincia di Lecce che non avevano visto mai Lecce. (...) andare a Bari, che é il capoluogo, era già un lungo viaggio, e Bari era già un altro mondo. Attraversavano l’Italia, attraversavano i paesi d’Europa e arrivavano qua”.
Il Presidente sottolinea lo stato di disagio al quale quegli umili contadini andavano incontro in un Paese sconosciuto, con un clima diverso, dove non si conosceva la lingua e dove si é solo dei numeri. Pone l’accento su quest’aspetto e, voltandosi verso il Presidente dell’associazione ‘Ex minatori di Marcinelle’, dice: “ ... a poco a poco ti abitui ad essere 709, numero, numero suo”. Poi, ringraziando coloro che hanno parlato prima di lui ha omaggiato con particolare intensità l’autorità, secondo lui, più importante: il mondo del lavoro.
Riferendosi a delle testimonianze di un filmato, visionato poco prima, riporta le parole di un minatore che asseriva che in miniera non conta la persona ma il carbone.
Attraverso queste parole semplici “...quel lavoratore ci ha spiegato un’intera filosofia del mondo”.
Continuando, asserisce che Marcinelle invita a fare due riflessioni importanti. La prima é quella che riguarda i migranti.
Noi Italiani siamo stati un popolo di migranti: “...siamo partiti in tante epoche storiche. Siamo partiti da tutte le regioni d’Italia.
I racconti dei nostri emigranti dovremmo farli rivivere per le giovani generazioni che hanno, nei confronti dei migranti che vengono oggi a casa nostra, lo stesso atteggiamento stupido e cattivo, ignorante e razzista....” subito dai nostri connazionali in molte parti del mondo.
Ricorda una storia che sentiva raccontare a casa sua quand’era bambino: le vicissitudini di un suo parente che, imbarcatosi clandestinamente, aveva fatto il viaggio per l’America nella stiva di una nave e che prima di diventare cittadino Americano aveva dovuto attendere quarant’anni.
Molte famiglie hanno qualche congiunto che ha vissuto storie simili, “ ...storie d’esodo e di esilio per il lavoro...” Continuando, ricorda l’umiliante considerazione che si aveva dei nostri emigrati: “ Né cani, né Italiani” c’era scritto nei cartelli di molti ristoranti. Si chiede se anche noi, oggi, scriveremmo volentieri cartelli con la stessa scritta ma mettendo al posto ‘d’Italiani’ cittadini d’altri Paesi. “Noi siamo stati l’immagine più stigmatizzata, più criminalizzata di migranti.” Per avvalorare questa sua tesi, c’invita a consultare la stampa del Nord America dal 1900 fino al 1950. Gli italiani venivano presentati come un popolo di rapinatori, di mafiosi e stupratori. Certamente poteva essere veritiero che nella massa ci fosse anche una minoranza di delinquenti così come oggi, tra gli immigrati che hanno scelto l’Italia, ci siano dei delinquenti. La delinquenza é nella società dei vari popoli e non é prerogativa di una determinata etnia. “Non ci sono popoli di criminali. Ci sono individui criminali.” Secondo Nichi Vendola l’emigrazione é un fenomeno epocale con il quale ci si deve imperativamente confrontare con intelligenza e risolverlo. Solo così si eviteranno ghettizzazione e violenza.
La seconda riflessione, che la visita a Marcinelle porta a fare, é la sicurezza sul posto di lavoro.
Non si devono commemorare le vittime di Marcinelle pensando che si tratti di qualcosa che appartiene al passato. In Italia ci sono ogni anno un milione d’incidenti sul lavoro. Questi producono ventimila feriti, invalidi permanenti, e mille e trecento morti. Ad oggi, 18 aprile, si é arrivati a 260 morti. “Non é accettabile. Non si può dire che é naturale, fisiologico. È mostruoso, inaccettabile.” Il Presidente della Regione Puglia approfondisce la riflessione dichiarandosi indignato nel costatare che ad aumentare sono gli incidenti e la mortalità sul lavoro soprattutto per gli emigrati ed i giovani sforniti di contratto a tempo indeterminato. Secondo lui la precarietà aumenta il rischio. Negli ultimi vent’anni, nel mondo, é stata raccontata una brutta favola proposta come bella. “È la favola che dice che si può produrre ricchezza anche senza lavoro. La ricchezza si produce col denaro, il denaro con la magia della finanza oppure da altro denaro.” Il risultato di tutto é che il lavoro é stato privato d’alcune tutele e d’alcuni diritti. Secondo lui, non si danno soluzioni concrete alla crisi che il sistema economico ha prodotto. “... l’unico modo serio per affrontarla, per attraversare questa notte buia, é mettere al centro della scena la dignità ed il diritto al lavoro.”
Parlando di commemorazione di vittime, sottolinea che non ci sono dei morti nostri ma che tutti i morti sono nostri.
Ricorda l’11 settembre 2001. Anche lui, spesso, si é recato a Gran Zero, a New York, per raccogliersi davanti alle foto dei morti di quell’attentato.
Nel mare dove lui va a bagnarsi, in questi ultimi anni, sono periti diecimila migranti.
Solo qualche settimana fa trecento sono morti sulla costa libica. Desidererebbe guardare le foto di quei disgraziati, conoscerne i nomi.
Anche la tragedia dell’Abruzzo é una tragedia del mondo.
Il presidente Vendola, concludendo il suo discorso, ricorda che le lotte e le battaglie sostenute dalla gente più povera miravano a che il lavoro assurgesse ad espressione di civiltà, di diritto, di libertà e non di schiavitù.
Subito dopo la Delegazione si é avviata presso ’Il muro del ricordo ’ dove il Presidente Vendola ha tolto il drappo scoprendo la targa commemorativa.
Antonino Carmelo SCIFO