« Siamo qui a ricordare - ma questi ricordi non valgono per il passato - ... sono gli unici ricordi che possono salvare il futuro »
Con queste parole, sabato 18 aprile 2009, il Presidente della Regione Puglia, On. Nichi Vendola, ha concluso il suo discorso, pronunciato in una sala del sito minerario del “ Bois du Cazier, di Marcinelle (Charleroi – Belgio) in presenza di una folta delegazione di pugliesi residenti in Belgio e di una nutrita rappresentanza di Associazioni locali.
Erano presenti, inoltre: ex-minatori, componenti del COMITES di Charleroi e del C.G.I.E. del Belgio, Autorità comunali locali e della Provincia, rappresentanti del Consolato Generale di Charleroi, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio ed il Direttore “du Bois du Cazier”.
Alle dieci e trenta, all’interno del sito minerario, una nutrita folla, in gran parte originaria delle Puglie, era in attesa del Presidente Vendola che, insieme all’Assessore Regionale ai Flussi Migratori Elena Gentile doveva presiedere alla scopertura di una targa, realizzata in Puglia, in onore delle ventidue vittime pugliesi della tragedia dell’8 agosto 1956 dove persero la vita 262 minatori, tra cui 136 italiani.
Il cerimoniale é stato preceduto da una breve visita al sito della Delegazione giunta dall’Italia.
La Signora Rosa RUSSO, membro del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, ha coordinato gli interventi delle Autorità presenti: dell’assessore Antoine TANZILLI, in rappresentanza del Sindaco di Charleroi, del Presidente del COMITES di Charleroi, Cav. Salvatore CACCIATORE, del Segretario Generale del C.G.I.E., signor Elio CAROZZA e del Vicepresidente del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, dott. Domenico RODOLFO.
Infine l’intervento del Presidente Nichi VENDOLA che, nel suo discorso, ricorda le ragioni per le quali tanti figli della Puglia e di altre regioni italiane hanno dovuto lasciare la loro terra: “Nella mia regione, negli anni cinquanta, la prima causa di morte era la pellagra ( ... ). Le campagne erano ancora medioevali, c’era ancora il latifondo e c’erano i servi della gleba. Molti di questi servi della gleba nelle valigie di cartone mettevano le loro poche cose e raggiungevano il treno.”
L’onorevole Vendola per sottolineare lo spirito e lo stato d’animo con i quali quei braccianti affrontavano quell’avventura dice: “Forse i più anziani ricordano che cos’era l’assalto al treno, che cos’era salire sul treno e (...) sequenza di paesaggi strani (...) C’erano braccianti che partivano dalla provincia di Lecce che non avevano visto mai Lecce. (...) andare a Bari, che é il capoluogo, era già un lungo viaggio, e Bari era già un altro mondo. Attraversavano l’Italia, attraversavano i paesi d’Europa e arrivavano qua”.
Il Presidente sottolinea lo stato di disagio al quale quegli umili contadini andavano incontro in un Paese sconosciuto, con un clima diverso, dove non si conosceva la lingua e dove si é solo dei numeri. Pone l’accento su quest’aspetto e, voltandosi verso il Presidente dell’associazione ‘Ex minatori di Marcinelle’, dice: “ ... a poco a poco ti abitui ad essere 709, numero, numero suo”. Poi, ringraziando coloro che hanno parlato prima di lui ha omaggiato con particolare intensità l’autorità, secondo lui, più importante: il mondo del lavoro.
Riferendosi a delle testimonianze di un filmato, visionato poco prima, riporta le parole di un minatore che asseriva che in miniera non conta la persona ma il carbone.
Attraverso queste parole semplici “...quel lavoratore ci ha spiegato un’intera filosofia del mondo”.
Continuando, asserisce che Marcinelle invita a fare due riflessioni importanti. La prima é quella che riguarda i migranti.
Noi Italiani siamo stati un popolo di migranti: “...siamo partiti in tante epoche storiche. Siamo partiti da tutte le regioni d’Italia.
I racconti dei nostri emigranti dovremmo farli rivivere per le giovani generazioni che hanno, nei confronti dei migranti che vengono oggi a casa nostra, lo stesso atteggiamento stupido e cattivo, ignorante e razzista....” subito dai nostri connazionali in molte parti del mondo.
Ricorda una storia che sentiva raccontare a casa sua quand’era bambino: le vicissitudini di un suo parente che, imbarcatosi clandestinamente, aveva fatto il viaggio per l’America nella stiva di una nave e che prima di diventare cittadino Americano aveva dovuto attendere quarant’anni.
Molte famiglie hanno qualche congiunto che ha vissuto storie simili, “ ...storie d’esodo e di esilio per il lavoro...” Continuando, ricorda l’umiliante considerazione che si aveva dei nostri emigrati: “ Né cani, né Italiani” c’era scritto nei cartelli di molti ristoranti. Si chiede se anche noi, oggi, scriveremmo volentieri cartelli con la stessa scritta ma mettendo al posto ‘d’Italiani’ cittadini d’altri Paesi. “Noi siamo stati l’immagine più stigmatizzata, più criminalizzata di migranti.” Per avvalorare questa sua tesi, c’invita a consultare la stampa del Nord America dal 1900 fino al 1950. Gli italiani venivano presentati come un popolo di rapinatori, di mafiosi e stupratori. Certamente poteva essere veritiero che nella massa ci fosse anche una minoranza di delinquenti così come oggi, tra gli immigrati che hanno scelto l’Italia, ci siano dei delinquenti. La delinquenza é nella società dei vari popoli e non é prerogativa di una determinata etnia. “Non ci sono popoli di criminali. Ci sono individui criminali.” Secondo Nichi Vendola l’emigrazione é un fenomeno epocale con il quale ci si deve imperativamente confrontare con intelligenza e risolverlo. Solo così si eviteranno ghettizzazione e violenza.
La seconda riflessione, che la visita a Marcinelle porta a fare, é la sicurezza sul posto di lavoro.
Non si devono commemorare le vittime di Marcinelle pensando che si tratti di qualcosa che appartiene al passato. In Italia ci sono ogni anno un milione d’incidenti sul lavoro. Questi producono ventimila feriti, invalidi permanenti, e mille e trecento morti. Ad oggi, 18 aprile, si é arrivati a 260 morti. “Non é accettabile. Non si può dire che é naturale, fisiologico. È mostruoso, inaccettabile.” Il Presidente della Regione Puglia approfondisce la riflessione dichiarandosi indignato nel costatare che ad aumentare sono gli incidenti e la mortalità sul lavoro soprattutto per gli emigrati ed i giovani sforniti di contratto a tempo indeterminato. Secondo lui la precarietà aumenta il rischio. Negli ultimi vent’anni, nel mondo, é stata raccontata una brutta favola proposta come bella. “È la favola che dice che si può produrre ricchezza anche senza lavoro. La ricchezza si produce col denaro, il denaro con la magia della finanza oppure da altro denaro.” Il risultato di tutto é che il lavoro é stato privato d’alcune tutele e d’alcuni diritti. Secondo lui, non si danno soluzioni concrete alla crisi che il sistema economico ha prodotto. “... l’unico modo serio per affrontarla, per attraversare questa notte buia, é mettere al centro della scena la dignità ed il diritto al lavoro.”
Parlando di commemorazione di vittime, sottolinea che non ci sono dei morti nostri ma che tutti i morti sono nostri.
Ricorda l’11 settembre 2001. Anche lui, spesso, si é recato a Gran Zero, a New York, per raccogliersi davanti alle foto dei morti di quell’attentato.
Nel mare dove lui va a bagnarsi, in questi ultimi anni, sono periti diecimila migranti.
Solo qualche settimana fa trecento sono morti sulla costa libica. Desidererebbe guardare le foto di quei disgraziati, conoscerne i nomi.
Anche la tragedia dell’Abruzzo é una tragedia del mondo.
Il presidente Vendola, concludendo il suo discorso, ricorda che le lotte e le battaglie sostenute dalla gente più povera miravano a che il lavoro assurgesse ad espressione di civiltà, di diritto, di libertà e non di schiavitù.
Subito dopo la Delegazione si é avviata presso ’Il muro del ricordo ’ dove il Presidente Vendola ha tolto il drappo scoprendo la targa commemorativa.
Antonino Carmelo SCIFO
Erano presenti, inoltre: ex-minatori, componenti del COMITES di Charleroi e del C.G.I.E. del Belgio, Autorità comunali locali e della Provincia, rappresentanti del Consolato Generale di Charleroi, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio ed il Direttore “du Bois du Cazier”.
Alle dieci e trenta, all’interno del sito minerario, una nutrita folla, in gran parte originaria delle Puglie, era in attesa del Presidente Vendola che, insieme all’Assessore Regionale ai Flussi Migratori Elena Gentile doveva presiedere alla scopertura di una targa, realizzata in Puglia, in onore delle ventidue vittime pugliesi della tragedia dell’8 agosto 1956 dove persero la vita 262 minatori, tra cui 136 italiani.
Il cerimoniale é stato preceduto da una breve visita al sito della Delegazione giunta dall’Italia.
La Signora Rosa RUSSO, membro del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, ha coordinato gli interventi delle Autorità presenti: dell’assessore Antoine TANZILLI, in rappresentanza del Sindaco di Charleroi, del Presidente del COMITES di Charleroi, Cav. Salvatore CACCIATORE, del Segretario Generale del C.G.I.E., signor Elio CAROZZA e del Vicepresidente del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, dott. Domenico RODOLFO.
Infine l’intervento del Presidente Nichi VENDOLA che, nel suo discorso, ricorda le ragioni per le quali tanti figli della Puglia e di altre regioni italiane hanno dovuto lasciare la loro terra: “Nella mia regione, negli anni cinquanta, la prima causa di morte era la pellagra ( ... ). Le campagne erano ancora medioevali, c’era ancora il latifondo e c’erano i servi della gleba. Molti di questi servi della gleba nelle valigie di cartone mettevano le loro poche cose e raggiungevano il treno.”
L’onorevole Vendola per sottolineare lo spirito e lo stato d’animo con i quali quei braccianti affrontavano quell’avventura dice: “Forse i più anziani ricordano che cos’era l’assalto al treno, che cos’era salire sul treno e (...) sequenza di paesaggi strani (...) C’erano braccianti che partivano dalla provincia di Lecce che non avevano visto mai Lecce. (...) andare a Bari, che é il capoluogo, era già un lungo viaggio, e Bari era già un altro mondo. Attraversavano l’Italia, attraversavano i paesi d’Europa e arrivavano qua”.
Il Presidente sottolinea lo stato di disagio al quale quegli umili contadini andavano incontro in un Paese sconosciuto, con un clima diverso, dove non si conosceva la lingua e dove si é solo dei numeri. Pone l’accento su quest’aspetto e, voltandosi verso il Presidente dell’associazione ‘Ex minatori di Marcinelle’, dice: “ ... a poco a poco ti abitui ad essere 709, numero, numero suo”. Poi, ringraziando coloro che hanno parlato prima di lui ha omaggiato con particolare intensità l’autorità, secondo lui, più importante: il mondo del lavoro.
Riferendosi a delle testimonianze di un filmato, visionato poco prima, riporta le parole di un minatore che asseriva che in miniera non conta la persona ma il carbone.
Attraverso queste parole semplici “...quel lavoratore ci ha spiegato un’intera filosofia del mondo”.
Continuando, asserisce che Marcinelle invita a fare due riflessioni importanti. La prima é quella che riguarda i migranti.
Noi Italiani siamo stati un popolo di migranti: “...siamo partiti in tante epoche storiche. Siamo partiti da tutte le regioni d’Italia.
I racconti dei nostri emigranti dovremmo farli rivivere per le giovani generazioni che hanno, nei confronti dei migranti che vengono oggi a casa nostra, lo stesso atteggiamento stupido e cattivo, ignorante e razzista....” subito dai nostri connazionali in molte parti del mondo.
Ricorda una storia che sentiva raccontare a casa sua quand’era bambino: le vicissitudini di un suo parente che, imbarcatosi clandestinamente, aveva fatto il viaggio per l’America nella stiva di una nave e che prima di diventare cittadino Americano aveva dovuto attendere quarant’anni.
Molte famiglie hanno qualche congiunto che ha vissuto storie simili, “ ...storie d’esodo e di esilio per il lavoro...” Continuando, ricorda l’umiliante considerazione che si aveva dei nostri emigrati: “ Né cani, né Italiani” c’era scritto nei cartelli di molti ristoranti. Si chiede se anche noi, oggi, scriveremmo volentieri cartelli con la stessa scritta ma mettendo al posto ‘d’Italiani’ cittadini d’altri Paesi. “Noi siamo stati l’immagine più stigmatizzata, più criminalizzata di migranti.” Per avvalorare questa sua tesi, c’invita a consultare la stampa del Nord America dal 1900 fino al 1950. Gli italiani venivano presentati come un popolo di rapinatori, di mafiosi e stupratori. Certamente poteva essere veritiero che nella massa ci fosse anche una minoranza di delinquenti così come oggi, tra gli immigrati che hanno scelto l’Italia, ci siano dei delinquenti. La delinquenza é nella società dei vari popoli e non é prerogativa di una determinata etnia. “Non ci sono popoli di criminali. Ci sono individui criminali.” Secondo Nichi Vendola l’emigrazione é un fenomeno epocale con il quale ci si deve imperativamente confrontare con intelligenza e risolverlo. Solo così si eviteranno ghettizzazione e violenza.
La seconda riflessione, che la visita a Marcinelle porta a fare, é la sicurezza sul posto di lavoro.
Non si devono commemorare le vittime di Marcinelle pensando che si tratti di qualcosa che appartiene al passato. In Italia ci sono ogni anno un milione d’incidenti sul lavoro. Questi producono ventimila feriti, invalidi permanenti, e mille e trecento morti. Ad oggi, 18 aprile, si é arrivati a 260 morti. “Non é accettabile. Non si può dire che é naturale, fisiologico. È mostruoso, inaccettabile.” Il Presidente della Regione Puglia approfondisce la riflessione dichiarandosi indignato nel costatare che ad aumentare sono gli incidenti e la mortalità sul lavoro soprattutto per gli emigrati ed i giovani sforniti di contratto a tempo indeterminato. Secondo lui la precarietà aumenta il rischio. Negli ultimi vent’anni, nel mondo, é stata raccontata una brutta favola proposta come bella. “È la favola che dice che si può produrre ricchezza anche senza lavoro. La ricchezza si produce col denaro, il denaro con la magia della finanza oppure da altro denaro.” Il risultato di tutto é che il lavoro é stato privato d’alcune tutele e d’alcuni diritti. Secondo lui, non si danno soluzioni concrete alla crisi che il sistema economico ha prodotto. “... l’unico modo serio per affrontarla, per attraversare questa notte buia, é mettere al centro della scena la dignità ed il diritto al lavoro.”
Parlando di commemorazione di vittime, sottolinea che non ci sono dei morti nostri ma che tutti i morti sono nostri.
Ricorda l’11 settembre 2001. Anche lui, spesso, si é recato a Gran Zero, a New York, per raccogliersi davanti alle foto dei morti di quell’attentato.
Nel mare dove lui va a bagnarsi, in questi ultimi anni, sono periti diecimila migranti.
Solo qualche settimana fa trecento sono morti sulla costa libica. Desidererebbe guardare le foto di quei disgraziati, conoscerne i nomi.
Anche la tragedia dell’Abruzzo é una tragedia del mondo.
Il presidente Vendola, concludendo il suo discorso, ricorda che le lotte e le battaglie sostenute dalla gente più povera miravano a che il lavoro assurgesse ad espressione di civiltà, di diritto, di libertà e non di schiavitù.
Subito dopo la Delegazione si é avviata presso ’Il muro del ricordo ’ dove il Presidente Vendola ha tolto il drappo scoprendo la targa commemorativa.
Antonino Carmelo SCIFO
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