La comunità italiana del “Pays Noir”.
Tanti Italiani (delle diverse regioni d’Italia) si sono insediati a Charleroi e nella regione circostante già nella seconda metà degli anni quaranta, a seguito del trattato italo-belga del 23 giugno 1946. La loro destinazione era la miniera. Solo in seguito sono stati autorizzati a lavorare nell’industria metallurgica, del vetro e dell’edilizia. In un primo tempo sono arrivati solo gli uomini che sono stati accolti nelle “Cantine” (baraccamento)a ridosso dei siti minerari; solo dopo qualche tempo sono stati raggiunti dalle famiglie. La Sambre, (fiume che nasce in Francia, bagna Charleroi e confluisce nella Mosa) era la via di trasporto preferita dell’attività economica. Essa accoglieva nelle sue vicinanze gran parte delle fabbriche del tempo. Nelle giornate uggiose, quando la nebbia ammantava il paesaggio, anche il corso d’acqua contribuiva a rendere più buio l’ambiente circostante.
I “terril” - collinette costituite dagli scarti dell’estrazione mineraria- sembravano essere la testimonianza della modesta luce destinata alla regione.
Il fumo che usciva dai comignoli delle fabbriche contribuiva a rendere ancor più opaco il paesaggio.
Con l’ausilio di tutti questi ingredienti i migranti italiani avevano capito chiaramente il significato dell’epiteto “Pays Noir”.
Tutto ciò, tuttavia, non ha appannato i colori della speranza che li aveva spinti a lasciare il loro Paese.
I nipoti o i pronipoti –si è già alla quarta generazione d’emigrazione- godono di un ambiente diverso: le fabbriche metallurgiche sono ormai rare, le miniere sono tutte inattive.
La vegetazione ha avuto il sopravvento coprendo i cumuli dei detriti di carbone, tingendoli di verde.
Il cambiamento climatico, elargendo più luce, sembra essere più magnanimo nei confronti di quest’angolo del mondo.
I giovani della comunità italiana non “bestemmiano” il francese, come di solito si soleva dire per i nonni o i bisnonni. Essi lo parlano. Non sono esclusivamente operai ma operano nei più svariati settori dell’attività economica e sono presenti in ogni ambito sociale: -in parole povere- sono completamente integrati.
Esiste ancora una comunità italiana?
Il numero di connazionali iscritti all’AIRE, sotto le competenze del Consolato Generale d’Italia, è di circa 120.000.
I numeri, però, non sempre rispecchiano la consistenza reale di una comunità. La sua vitalità si nota attraverso le attività che coinvolgono i propri membri e la visibilità che, attraverso queste, riesce ad avere.
Fatti, eventi ed avvenimenti danno la giusta misura della consistenza di una comunità.
Tra la fine dell’anno scorso e quest’anno molti avvenimenti hanno interessato direttamente o indirettamente la Comunità coinvolgendo le diverse generazioni.
Tra i più significativi: “L’incontro degli anziani” organizzato dal C.A.I.C. (Comitato di Assistenza Italiana di Charleroi) che ha riunito in una grande sala della città cinquecento Italiani, quasi tutti di prima generazione. Lo stesso Ente, in occasione della festa della Befana, ha radunato altrettanti suoi rappresentanti di terza-quarta generazione in un complesso cinematografico offrendo la visione di un film per bambini e dei dolciumi.
I giovani sono stati coinvolti in manifestazioni più vicine ai loro interessi: l’elezione di Miss Italia della regione, “Ragazzo In” (Asbl V.I.A.L.E.), il “Concorso della Canzone Italiana” (Asbl Cultura Italiana).
Il tifo muove le folle ovunque. La comunità italiana non è stata esente da quest’impulso nei vittoriosi incontri dell’ultimo campionato del mondo di calcio, quando Place Charles II, cuore di Charleroi, è stata testimone del grand’affetto che tutte le generazioni d’italiani nutrono per i colori nazionali.
Un pubblico variegato ha bivaccato sull’erba del prato circostante al magnifico castello di Monceau sur Sambre (Comune dell’Entità di Charleroi) in occasione della Pasquetta (organizzata dall’Associazione Trinacria).
Le Associazioni regionali sono ancora numerose e molte di loro propongono ogni anno incontri conviviali ed organizzano manifestazioni folcloristiche e culturali.
Da questa descrizione si può desumere che se l’integrazione è al punto d’arrivo anche se, con sfumature diverse, rimane l’attaccamento alle radici della terra d’origine.
Non sempre questo richiamo per il Paese è vivificato da interventi specifici. Le vicissitudini negative, vedi la crisi finanziaria-economica, ha occluso quei pochi interventi che miravano a tale scopo.
Charleroi non ha più un Ente gestore che coadiuva l’Ufficio Scolastico nel meritorio impegno dell’insegnamento della lingua e della cultura italiana.
Charleroi, con i suoi duecentomila abitanti, anche se é il più popoloso comune Vallone, non è molto diversa da altre città della Vallonia. Per la comunità italiana ha, però, una peculiarità che altre città non hanno. L’otto agosto, data anniversario della tragedia mineraria “du Bois du Cazier” a Marcinelle (Comune dell’Entità di Charleroi) dove persero la vita 262 minatori di cui 136 italiani, da qualche anno è considerato “ giornata nazionale del sacrificio e del lavoro italiano nel mondo”. Il “Bois du Cazier”, per l’emigrazione italiana, è diventato un simbolo. I reperti della miniera, diventati museo, sono la meta del pellegrinaggio di scuole, delegazioni e personalità politiche italiane.
Antonino Carmelo SCIFO
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